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Cavie umane nella ricerca neuroscientifica, può diventare un lavoro?

Se anche voi, giovani roveretani, voucheristi precari, freestyler del barboneggio, sognate un lavoro vero che vi consenta quella agiatezza e stabilità economica in grado di permettervi una casa, lussureggianti ferie e giorni di malattia stipendiati, non credo di avere molto da raccontarvi. Non scrivo mica per il Bollettino del Lavoro, o per le Pagine Bianche.

Ma se anche a voi, come a me, capita di domandarvi se pure questa volta sarete costretti a raschiare con le dita il fondo della fontana di Piazza Nettuno per recuperare quella manciata di spicci con cui comprare il prossimo pacchetto di cicche, oppure se il vostro rapporto con Netflix ultimamente è peggiorato perché non è più capace di sorprendervi come all’inizio della relazione e vi sentite pronti ad aprirvi a nuove emozioni (tipo una frizzante elettrostimolazione transcranica o un giro di giostra in risonanza magnetica funzionale), potrei aver trovato la bazza giusta per voi.

Un “uccellino” mi ha detto che i ricercatori del Cimec, i cognitivi, sono interessati al nostro cervello, e ce lo pagano Ca$H.

Basta andare su Facebook e cercare un gruppo che si chiama “Bacheca Esperimenti Rovereto/Mattarello”, dove ricercatori e studenti del Polo di Scienze Cognitive pubblicano gli annunci degli esperimenti in offerta, in cerca di partecipanti che si prestino alla raccolta dati in nome della Ricerca e del Progresso Scientifico. Su questo gruppo si trovano un sacco di annunci seri come:

“Cerco partecipanti (MASCHI principalmente) per esperimento su percezione di stimoli musicali. In pratica ascolterete un po’ di buona musica da soli e in compagnia di un’altra persona a voi sconoscuta mentre verrano raccolti i vostri dati ECG e GSR (battito cardiaco e conduttanza cutanea)”.

Oppure

“Ciao! Cerchiamo partecipanti per esperimento comportamentale (gioco al computer) in Pal. Fedrigotti, Rovereto, pagamento min 5€ max 15€ in base a performance.”

Da 5 a 15 euro per giocare al PC. Onesto, no?

Altri annunci invece sono piuttosto criptici, tipo “Cerchiamo un partecipante FEMMINA (18-35 anni) per uno studio di training con EEG sulla memoria visiva (per cui no daltonici)”

o ancora si può incappare in messaggi un po’ più strani, come questo, dall’intrigante sfumatura sadica:

“Cerco partecipanti per un esperimento sulla percezione visiva. La durata è di circa 50 min e verrà rilasciato il modulo crediti per un’ora oppure un rimborso in contanti di 5 €.[…]
IMPORTANTE: per la partecipazione è necessario che vi asteniate dal bere almeno 3-4 ore prima dell’esperimento; bisogna infatti che arriviate all’appuntamento assetati. La sincerità/serietà su questo punto è fondamentale per la riuscita dell’esperimento.”

Ora, vediamo di capirci qualcosa in più. Questi esperimenti vengono condotti nelle strutture del Cimec, il Centro Interdipartimentale Mente-Cervello, che sono dislocati tra Mattarello, in Via delle Regole, e Palazzo Fedrigotti, in Corso Bettini a Rovereto (e non solo). Il centro svolge un importante lavoro di ricerca e formazione nell’ambito delle Scienze Cognitive, secondo un approccio multidisciplinare e interdipartimentale. L’ANVUR lo ha recentemente classificato come il primo centro di ricerca italiano in Neuroscienze. Sei laboratori e oltre tredici gruppi di ricerca in aree che spaziano dalla percezione temporale e spaziale a fenomeni come la plasticità neurale, l’apprendimento o il linguaggio. Ospita sofisticatissimi sistemi di misurazione, tecniche di neuroimaging per “fotografare” le nostre connessioni nervose o il metabolismo delle nostre cellule, cuffiette di elettrodi per misurare l’attività elettrica del nostro cervello, e un sacco di altre apparecchiature dai nomi fantascientifici, come Magnetoencefalografia o PLATO (Portable Liquid-Crystal Apparatus for Tachistoscopic Occlusion). Se anziché prenderti via per l’Xbox ti immergi nel mondo di questi gioiellini alla Ghost in the Shell, diventi un “supernerd” dei pattern neurali, e magari riesci a trovare il Metal Gear delle neuroscienze, come una nuova terapia per l’Alzheimer o le basi neurali della coscienza. Le pubblicazioni scientifiche generate dalla curiosita e competenza dei ricercatori del Cimec sono numerosissime, con riconoscimenti e citazioni letteralmente worldwide; e il tutto si fonda sulla possibilità di avere quanti più dati sul cervello di quante più persone possibili, motivo per cui chi partecipa agli esperimenti proposti si fa nientepopodimeno che un diretto promotore del progredire della conoscenza e dell’evoluzione umana, a volte addirittura a pagamento.
Ma torniamo ora al sopracitato “Bacheca Esperimenti Rovereto/Mattarello”.

Il gruppo Facebook è pubblico, con più di 4200 membri, e gli amministratori, Luca ed Edoardo, sono due ragazzi poco più grandi di me. Senza pensarci troppo li contatto per proporgli un’intervista flash da schiaffare sul vostro magazine preferito (se state ridendo, sciagura a Voi).

  • Ciao ragazzi! Si può lavorare come cavia umana a vita?

Assolutamente no, a meno che tu non voglia vivere sotto un ponte. Già il considerare un „lavoro“ la partecipazione a degli esperimenti è di per sé sbagliato. Ciò che viene fornito è un semplice (e molte volte piccolissimo) rimborso spese, un piccolo riconoscimento per il tempo che hai dedicato alla ricerca.  

 

  • Ma c’è qualcuno che ha provato a iscriversi a tutti gli esperimenti a cui era possibile partecipare?

Ebbene si, più di una persona, cercando di accaparrarsi quanti più rimborsi possibile. Ma la ricerca non ha bisogno della quantità, bensì della qualità.

  • Com’è nato questo gruppo Facebook?

Dall’idea di alcuni studenti davvero lungimiranti che, un bel giorno, con l’avvento dei famigerati gruppi Facebook, ha deciso di pubblicizzare la propria raccolta dati in questa maniera.

 

  • Come facevano secondo voi prima che questo gruppo venisse creato? Come si entrava in contatto con i partecipanti?

Tu cosa facevi prima di Internet? Prima si andava, di persona, di aula studio in aula studio, di aula in aula, a cercare partecipanti disposti a partecipare. Il famoso passaparola…magari più social… ma chissà quanto tempo si perdeva!

  • Ci sono effetti collaterali “pericolosi” per chi si sottopone a certi esperimenti?

Ovviamente no. E se ci fossero di sicuro non te lo diremmo (scherziamo ovviamente…)! Tutti gli esperimenti sono controllati, supervisionati e non comportano assolutamente alcun pericolo per la salute: non potrebbero neanche essere proposti! E comunque vi è sempre un comitato etico che deve dare il nulla osta per l’inizio della somministrazione… altrimenti nada! 

  • Qual è l’esperimento più divertente a cui avete partecipato?

È molto soggettivo, vi sono esperimenti più divertenti ed altri più noiosi. La cosa importante è dare sempre il massimo, anche quando si sbadiglia un po’!

  • Perché è importante partecipare agli esperimenti?

È importante perché la ricerca in psicologia e nelle neuroscienze avanza anche grazie a tutti i partecipanti degli studi; è divertente poiché è possibile imparare come funzionano gli strumenti e le tecniche utilizzati per studiare il nostro cervello, per capire come mai facciamo una scelta rispetto ad un’altra, per capire meglio come ciascuno di noi funziona. 

Un po’ deluso dalle risposte ricevute (l’idea di diventare una cavia umana a tempo indeterminato solleticava non poco la mia sete di danaro, oltre al fatto che uno status sociale così accattivante appariva ai miei occhi più che rispettabile), mi accingo comunque a trovare un esperimento che soddisfi perlomeno la mia curiosità. Decido di farne uno sul linguaggio, giusto per provare il nuovo sistema di EEG (elettroencefalografia) appena acquistato dal Dipartimento di Scienze Cognitive, oltre al fatto che a fine esperimento è garantito uno shampoo gratis (coi tempi che corrono meglio andare sullo scrocco deciso e privo di sensi di colpa). Quindi lascio il mio indirizzo di posta elettronica in un commento sotto all’annuncio in Bacheca Esperimenti, e in men che non si dica mi arriva una mail di risposta con le informative sulla privacy, un questionario che attesti che non soffro di allergie gravi o attacchi epilettici e un link doodle dove prenotarmi per il giorno e l’ora a me più comodi.

Detto fatto, qualche giorno dopo sono in Laboratorio, dove una dottoranda giovane e sorridente mi accoglie infilandomi in testa una stretta cuffietta da piscina tempestata di elettrodi colorati mentre il professore al suo fianco regge in mano con fare rassicurante un siringone da cavallo pieno di gel trasparente. Purtroppo non si tratta di alcuna sostanza illegale da sperimentare sul mio organismo sacrificabile in nome della scienza, altrimenti al posto di questo articolo sarebbe stata pubblicata un’inchiesta croccante e succosa stile “metodo stamina”. I ricercatori in questione si limitano invece a siringarmi il gel direttamente a contatto col cuoio capelluto, in modo da aiutare il segnale elettrico prodotto dal mio cervello ad essere rilevato dall’EEG, e provocando un non poco godurioso refrigerio alla mia testa accaldata e pensierosa.

Stabilito il “contatto” su tutti gli elettrodi sono pronto per partire: il mio compito è leggere delle frasi sullo schermo e stabilire se la forma grammaticale sia corretta o sbagliata, esercizio piuttosto facile da eseguire, se non fosse che mi viene raccomandato di sbattere le palpebre il meno possibile (tanto l’esperimento dura soltanto un’ora, se mi si seccano gli occhi posso sempre farmeli lubrificare un po’ col gel per gli elettrodi). Effettivamente, come anticipato da Luca ed Edoardo, ogni tanto si sbadiglia un po’, ma l’esperienza è tutto sommato divertente, con questo casco da bigodini neuroscientifici in testa e il desiderio di un altro po’ di gel fresco che mi impiastricci i capelli. A fine sessione mi ritrovo piegato su un lavello con in mano un flacone di shampoo antiforfora, altro che vasca idromassaggio per cavie umane (un pochino ci avevo sperato, almeno in una doccia completa). Tutto molto bello, a parte una serie di segni da ventosa che danno l’idea che una piovra gigante si sia divertita a farmi un frontino, ma purtroppo niente danni permanenti sulla base dei quali indire una causa al Cimec e spillare i soldi del secolo.

Così, stanco ma felice, povero ma ricco dentro, torno da dove sono venuto, consapevole che per ogni birra non bevuta c’è un gruppo Facebook pronto a rimborsare il mio tempo e le mie risorse cognitive con qualche euro in grado di riaccendere la speranza e appagare la mia implacabile sete.