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Quando si parla di Bitcoin si pensa alla darknet, all’acquisto di droga, armi e documenti falsi nei meandri del web. Ci si immagina come novelli lupi di Wall Sstreet a sciabolare champagne dopo facili investimenti in valute virtuali.
Insomma, c’è molta confusione.
Per fare un po’ di luce sull’argomento ci siamo rivolti a qualcuno che di Bitcoin se ne intende, abbastanza da averne fatto il suo lavoro.
Abbiamo chiesto quindi ad Alessandro Olivo (co-fondatore di inbitcoin e Blockchain Education Network Italia, organizzatore di Bitcoin Meetup Trentino Alto Adige) di rispondere ad una semplice domanda:
Cos’è Bitcoin?  

Di Alessandro Olivo, co-fondatore di inbitcoin e Blockchain Education Network Italia, organizzatore di Bitcoin Meetup Trentino Alto Adige

Nonostante sia difficile incontrare al giorno d’oggi qualcuno che non abbia sentito nominare almeno una volta Bitcoin, i più tendono ancora a considerarlo materia di nicchia, accessibile a pochi esperti. Ma è davvero così? Cosa si intende quando si parla di Bitcoin e tecnologia blockchain? Si tratta solo di una moneta da usare su Internet, o può essere utile anche ad altro? Si deve investire in Bitcoin? Le risposte a queste domande potrebbero sorprendervi, aprendo ampie prospettive futuristiche, ma che in realtà pian piano si stanno concretizzando sotto i nostri occhi, giorno dopo giorno.

Bitcoin nasce sotto forma di dissertazione nel 2008, quando Satoshi Nakamoto (pseudonimo per una persona o un collettivo ad ora anonimi) pubblica online il Whitepaper di Bitcoin, che illustra il concetto e la possibile implementazione di una crittovaluta, Bitcoin appunto, cioè una valuta digitale distruibuita basata per la prima volta sulla crittografia, per garantirne la sicurezza e renderne impossibile la contraffazione in assenza di un’autorità centrale. L’anno successivo Nakamoto ed un gruppo di appassionati trasformano tale idea in realtà, “avviando” la rete Bitcoin ed eseguendo le prime transazioni, che dimostrano come i concetti teorizzati nel Whitepaper siano validi e funzionanti sotto forma di programma informatico in esecuzione (il cui codice sorgente è disponibile open source, quindi consultabile, analizzabile e verificabile da chiunque). Da allora milioni di utenti hanno preso parte a questo enorme esperimento, con l’obiettivo di cambiare radicalmente concetti economici, sociali, politici e informatici che nell’attuale paradigma sembravano immutabili: sempre più persone usano e accettano Bitcoin come metodo di pagamento, mentre il loro valore è cresciuto da pochi centesimi a più di mille dollari per singolo bitcoin (continuamente in oscillazione nei confronti dell’Euro, del Dollaro e delle altre valute statali, essendo un vero e proprio indice di cambio basato sui movimenti del mercato).

Bitcoin per funzionare si avvale della crittografia (in questo caso asimmetrica): ogni portamonete Bitcoin è un vero e proprio portafoglio virtuale (quindi disponibile per PC, smartphone, ecc.) che di base permette di consultare il proprio bilancio bitcoin, oltre a mandare e ricevere transazioni, con una singola chiave privata e infinite chiavi pubbliche (indirizzi). La chiave privata è un indirizzo alfanumerico che rappresenta il cuore del portamonete: infatti averne il possesso significa poter spendere i bitcoin ad essa collegati, e di conseguenza la chiave privata andrebbe tenuta segreta e salvata tramite backup su di un supporto sicuro. Le chiavi pubbliche invece vengono generate a partire dalla chiave privata, in un processo non percorribile all’inverso, e servono per ricevere pagamenti nel proprio portafoglio, il che significa che si possono rendere note senza problemi di sicurezza. Si noti che la chiave privata corrispondente a un portamonete è una stringa alfanumerica, lunga diversi caratteri e con lettere maiuscole e minuscole: la complessità di tale stringa fa in modo che sia impossibile per un hacker individuare deliberatamente una particolare chiave, per via dei limiti fisici dei calcolatori elettronici, ed è per questo che Bitcoin è considerato il metodo di pagamento elettronico più sicuro sul mercato; i media tuttavia hanno riportato spesso notizie riguardo a bitcoin rubati, dimenticandosi però di sottolineare come questi furti siano stati possibili sfuttando piattaforme informatiche tradizionali che gestivano bitcoin e non hackerando la rete Bitcoin, che ad ora rimane inviolata. Una volta che una transazione viene eseguita, essa viene inclusa dalla rete in un blocco, cioè in un insieme di transazioni non confermate: ogni dieci minuti circa un nuovo blocco di transazioni viene creato insieme a nuovi bitcoin e “depositato” sopra a quello precedente, cementificandolo nella catena dei blocchi (Blockchain) e rendendolo irreversibile. Il ruolo di cementificazione dei blocchi, tramite la risoluzione di complicati calcoli matematici, viene svolto dai miners, utenti che con le loro macchine concorrono alla sicurezza della rete, in cambio dei nuovi bitcoin che vengono generati con ogni blocco, e dei costi di transazione pagati dagli utenti. Tramite il cosiddetto mining (attività svolta dai miners) verranno generati in maniera decrescente fino a 21 milioni di bitcoin entro il 2140 circa, dopodiché i miners dovrebbero essere in grado di svolgere la loro attività in cambio solo dei costi di transazione, considerando che per allora si stima che il volume delle transazioni sarà molto maggiore e che il valore di bitcoin sarà anch’esso più grande.

Bitcoin ha, quindi, tre sfaccettature principali, già nominate nelle righe precedenti: Blockchain, Bitcoin (B maiuscola) e bitcoin (b minuscola). Blockchain è un database permanente distribuito, e risolve il problema della fiducia, fino ad ora delegata ad intermediari. Come già detto, le transazioni Bitcoin vengono immagazzinate in una catena di blocchi, un registro decentralizzato pubblico, incensurabile e liberamente consultabile da tutti chiamato Blockchain. Ad ogni transazione però si possono allegare anche ulteriori informazioni, che a loro volta vengono indelebilmente immagazzinate in tale registro: grazie ad esso si possono delegare alla rete Bitcoin funzioni notarili, catastali, legali e di qualsiasi altro ambito che richieda l’immagazzinamento di dati e il facile accesso ad essi. Inoltre l’utilizzo di Bitcoin darebbe accesso a strumenti finanziari ai due miliardi circa di unbanked, persone che, soprattutto nei paesi del Terzo Mondo, non hanno accesso a servizi catastali, legali, finanziari e bancari, ma che spesso godono di accesso a Internet. Non è difficile quindi immaginare le future applicazioni legate a questo aspetto di Bitcoin. Per Bitcoin con la B maiuscola si indende la rete Bitcoin, che rappresenta un’enorme innovazione per quanto riguarda la gestione dei pagamenti. Se le valute tradizionali e i sistemi di pagamento ad esse legati (Bancomat, carte di credito, bonifici, versamenti interbancari) sono estremamente conflittuali, frammentati e poco pratici (si provi ad usare le monete per pagare un’auto o addirittura per effettuare acquisti online, oppure si provi ad usare un bonifico per pagare un caffè), tramite un portamonete connesso alla rete Bitcoin si possono effettuare direttamente e nello stesso modo dai pagamenti nell’ordine dei milioni di euro, fino ai micropagamenti inferiori al centesimo di euro, senza contare l’assenza di intermediari, la rapidità di esecuzione e i costi di transazione sensibilmente inferiori rispetto ai metodi tradizionali. Per bitcoin con la b minuscola infine si intende l’unità monetaria della rete Bitcoin, un vero e proprio oro digitale che risponde alle necessità di investimento, di riserva di valore e di unità di conto. Per descriverla, Satoshi Nakamoto usava la seguente similitudine: “Immaginate un metallo grigio, raro come l’oro ma senza i suoi utilizzi, con la magica proprietà di essere trasmissibile a distanza”. Essendo inoltre i bitcoin non inflazionari, ma in quantità limitata, per leggi di mercato, di domanda e offerta, maggiore sarà l’utilizzo di Bitcoin (rete), maggiore sarà il valore di bitcoin (moneta), come d’altronde si può vedere osservando dati storici sul valore di bitcoin.

Quindi, si deve investire in Bitcoin? La risposta è assolutamente sì, ma in un senso forse inaspettato: vale assolutamente la pena di investire energie, tempo e sforzi nello studio e nella comprensione di Bitcoin, perché è innegabile che le crittovalute e la tecnologia blockchain svolgeranno un ruolo fondamentale nel nostro futuro, anche negli ambiti meno immaginabili. Una volta che avrete fatto questo investimento culturale, sarete in grado di valutare autonomamente se e in che misura può essere opportuno anche un investimento finanziario, ma solo in secondo luogo. Diffidate dunque da chi sfrutta Bitcoin per proporvi primariamente ed esclusivamente piani di investimento, soprattutto se questi prevedono solo il versamento di denaro: sicuramente in questi casi si tratta di truffe tradizionali che sfruttano le crittovalute solo come pretesto, ma che con esse non hanno nulla a che fare.

***eventuale box a lato***

Il Trentino Alto Adige è la Silicon Valley italiana per quanto riguarda Bitcoin, con la presenza di due bancomat Bitcoin per convertire euro (uno a Rovereto presso il Bar Mani al Cielo, ed uno a Trento presso Impact Hub) e di innumerevoli esercizi commerciali che accettano Bitcoin come metodo di pagamento. Rovereto per esempio è la città italiana con la più alta densità di negozi in cui si può pagare usando Bitcoin (circa 15), ed ospita inoltre la sede di inbitcoin, una delle maggiori aziende italiane che operano nel settore. In regione inoltre vengono regolarmente organizzati meetup Bitcoin, con la collaborazione di inbitcoin (http://inbitcoin.it/) e Blockchain Education Network Italia (http://blockchainedu.net/), che rappresentano un’ottima occasione per avvicinarsi al mondo delle cri