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Il benaltrismo è uno di quei concetti coi quali ci siamo fatti tanti di quei risciacqui dentali da costringere persino la Treccani a riconoscerne la definizione, pur senza scollargli l’etichetta di neologismo. Microsoft Word però mi sottolinea il termine. Aggiorniamoci, Word. Guarda che questa è l’epoca del vocabolario 2.0. Hop hop.

In realtà, come tanti altri lemmi entrati con una certa convinzione nel linguaggio comune, si tratta di un’arma a doppio taglio. Talvolta anche triplo. E il terzo è una domanda che si ripiega su sé stessa: esiste il benaltrismo?

Sì e no. Nel senso che, prima di tutto, esiste la capacità di leggere le situazioni. Chiedo quindi l’aiuto dell’allegoria a titolo esemplificativo.

Immaginiamo una ridente cittadina, che in realtà non è una cittadina ma un’intera società. E non è neanche così ridente, però ci prova. Dietro alla patina di civiltà, si nasconde però un terribile segreto: gli uomini provvisti di un pene dalle dimensioni inferiori alla media non possono acquistare profilattici, perché tanto non ne hanno bisogno. La società li ha bollati come impotenti, e il fatto che il preservativo non abbia il solo scopo di prevenire gravidanze indesiderate non importa a nessuno. Son cazzi loro, in tutti i sensi. Per la par condicio, diremo anche che alle donne con la prima di reggiseno è fatto divieto assoluto di procreare, perché i neonati devono essere allattati al seno e con le tette piccole è meno piacevole. Non ha assolutamente senso, e il punto è proprio questo. Dopo anni di proteste da parte della comunità microdotata, anche le alte sfere capiscono quanto tutto ciò sia una stronzata e decidono di restituire diritti e dignità alle sopracitate minoranze.

È qua che interviene un individuo non facente parte di nessuna delle categorie discriminate e, timidamente ma non troppo, fa notare che i problemi di cui dovremmo occuparci sono ben altri. Sticazzi dei cazzetti, io e il mio pene nella norma stiamo benissimo così. A dargli manforte, una maggiorata che non capisce dove stia il problema, dato che conosce una ragazza praticamente piatta che non ha mai espresso il desiderio di avere figli. Cioè, tecnicamente non potrebbe neanche sceglierlo, ma tanto non le interessa, quindi piuttosto pensiamo al governo che ci incula ogni giorno e a quell’autostrada in costruzione da vent’anni.

A discapito dell’opposizione, la ridente cittadina che cittadina non è, riesce a diventare a tutti gli effetti un pochino più ridente. Non è tutto perfetto, perché gli uomini con una marcia in meno fanno comunque fatica a trovare cappucci della propria misura, mentre le donne con una marcia sola vengono guardate con sospetto se mostrano il passeggino in pubblico, ma è ugualmente un passo importante.

Si alzano tuttavia altre voci timide ma non troppo, forse le stesse di prima, e al grido – sottovoce ma non troppo – di “non sono microdotafobo, ma”, iniziano a raccogliere firme per ristabilire l’ormai smarrito ordine naturale e rimettere i paletti al loro posto, perché nessuno pensa ai bambini e mio figlio non deve crescere in una società che spaccia per normali certe cose.

Ci si chiede giustamente se queste persone non abbiano di meglio da fare, se non esistano problematiche più urgenti da affrontare, se la loro priorità sia davvero quella di negare un diritto altrui che non li sfiora minimamente. Ci chiediamo se anche in questo caso si tratti di benaltrismo, se ciò ci renda altrettanto colpevoli, se ci stiamo macchiando della stessa fallacia logica o se abbiamo invece imparato a leggere le situazioni e discernerle.

E la verità è che non esistono cose più importanti, perché se allargassimo l’obiettivo e chiedessimo al pianeta Terra cosa ne pensa, risponderebbe che non gliene frega niente. Risponderebbe che potremmo pure estinguerci da un giorno all’altro e nella sua economia non cambierebbe assolutamente nulla. Risponderebbe che, se ne avesse la possibilità, rifarebbe i dinosauri. Perché mangiarsi a vicenda non era una questione personale, perché erano di gran lunga più divertenti e perché non cagavano il cazzo su Change.org.