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«Dlin dlon.» «Non poteva semplicemente suonare il campanello?» «Mi piacciono le onomatopee.» «Come vuole. In ogni caso non compro nulla.» «Mi lasci almeno parlare! I treni. Ecco, i treni. Che ne pensa dei treni?» «I treni?» «I treni.» «Non saprei. Cosa dovrei pensare dei treni?» «Qui la volevo, signora. Le interessa il mio parere? Essere pendolari è stupendo. Si fidi di me.» «Non la seguo.» «Provi a prendere qualche treno ogni tanto, come semplice svago. Su, mi dica di sì. Mi faccia andare a casa contento e con un altro contratto firmato.» «Ha la mia attenzione. Prosegua.» «Fare il pendolare: l’arte di aspettare il treno e godersi il viaggio quando arriva. BOOM!» «Ancora onomatopee?» «Prima si faccia convincere dei vantaggi della vita da pendolare, poi parliamo delle onomatopee. Molti pensano che la vita del...

Il benaltrismo è uno di quei concetti coi quali ci siamo fatti tanti di quei risciacqui dentali da costringere persino la Treccani a riconoscerne la definizione, pur senza scollargli l’etichetta di neologismo. Microsoft Word però mi sottolinea il termine. Aggiorniamoci, Word. Guarda che questa è l’epoca del vocabolario 2.0. Hop hop. In realtà, come tanti altri lemmi entrati con una certa convinzione nel linguaggio comune, si tratta di un’arma a doppio taglio. Talvolta anche triplo. E il terzo è una domanda che si ripiega su sé stessa: esiste il benaltrismo? Sì e no. Nel senso che, prima di tutto, esiste la capacità di leggere le situazioni. Chiedo quindi l’aiuto dell’allegoria a titolo esemplificativo. Immaginiamo una ridente cittadina, che in realtà non è una...

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