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«Dlin dlon.»

«Non poteva semplicemente suonare il campanello?»

«Mi piacciono le onomatopee.»

«Come vuole. In ogni caso non compro nulla.»

«Mi lasci almeno parlare! I treni. Ecco, i treni. Che ne pensa dei treni?»

«I treni?»

«I treni.»

«Non saprei. Cosa dovrei pensare dei treni?»

«Qui la volevo, signora. Le interessa il mio parere? Essere pendolari è stupendo. Si fidi di me.»

«Non la seguo.»

«Provi a prendere qualche treno ogni tanto, come semplice svago. Su, mi dica di sì. Mi faccia andare a casa contento e con un altro contratto firmato.»

«Ha la mia attenzione. Prosegua.»

«Fare il pendolare: l’arte di aspettare il treno e godersi il viaggio quando arriva. BOOM!»

«Ancora onomatopee?»

«Prima si faccia convincere dei vantaggi della vita da pendolare, poi parliamo delle onomatopee. Molti pensano che la vita del pendolare faccia schifo, ma si sbagliano: non è certo quella che viene dipinta dalle omogenee e opache pennellate del luogo comune. È più vicina ad una sinfonia composta per caso e involontariamente che a un quadro. E se fosse un quadro apparterrebbe al post-impressionismo.»

«Va bene così, mi aveva già convinto a “opache pennellate”.»

«Quindi abbiamo un accordo?»

«Assolutamente sì. Non sono sicura di quale fosse il mio parere a riguardo prima, ma so benissimo qual è ora. E adesso mi dica di più a proposito di quelle onomatopee.»

 

Basta vendere enciclopedie, ci fanno sentire stupidi. Basta vendere aspirapolvere, ci fanno sentire sporchi. Basta vendere Geova, ci fa sentire dalla parte sbagliata. Via tutti i veli e veniamo direttamente al dunque: le convinzioni. Alla base di ogni contratto c’è una convinzione, tanto vale vendere direttamente quella. Perché vivere in tre persone in una casa progettata per tre persone, quando ci si riesce a stare anche in otto? Avere ognuno la propria stanza è alienante, e lo spirito del campeggio piace a tutti. È difficile crederci, eppure è più facile riuscire a conoscere qualcuno in mezzo a tanti altri qualcuni. Il faccia a faccia ha stufato, due è un numero ingestibile. Oltretutto è l’unico numero primo pari. Nessuno si fiderebbe di un numero primo pari.

Sono tante le convinzioni che possono essere inculcate, perché non ricavarne un guadagno? Se ti lavi i denti con il bicarbonato, poi l’acqua è più dolce. Chi non vorrebbe che l’acqua dolce fosse dolce sul serio, e senza l’aggiunta di zuccheri molesti? Basta un pizzico di fiducia, e due di bicarbonato. Facciamo tre. Le stazioni sono i luoghi più romantici. L’ateismo è una religione come tante. Siamo Dio, siamo il nostro unico punto di riferimento attendibile, perché la mezzanotte non esiste e il giorno finisce quando finiamo noi. Perché la notte piace così tanto? La notte, con la sua carica emotiva violenta e inarrestabile, con la sua palpitante solitudine, con i suoi silenzi soffocanti? Siamo stronzi e contraddittori. La notte vogliamo compagnia, qualcuno con cui condividere quel vuoto, poi sorge il sole e passa tutto. La compagnia c’è, ma non ci siamo noi. Capovolgiamo! Boicottiamo il giorno! Suoniamoli di notte, i campanelli. Convinciamo tutti del fatto che la notte sia bella per i motivi sbagliati. Dopotutto, i piazzisti – anche quelli che vendono innocue convinzioni – sono un fastidio. Il prossimo passo sarà tramutarlo in un piacere, o quantomeno convincere i potenziali acquirenti che lo sia. E alla fine, parere dopo parere, contratto dopo contratto, le convinzioni inizieremo a regalarle. Perché i soldi non ci serviranno più e probabilmente saranno pure finiti. O forse ne saremo solo convinti. A quel punto rimarrà una sola cosa: la convinzione di avere inculcato un’idea – magari neanche nostra – per il solo gusto di farlo.

 

di Elia Bona